Earth Overshoot Day, quando il pianeta non è più in grado di rigenerarsi

Giorno del sovrasfruttamento terrestre
In passato indicato anche come Ecological Debt Day (EDD), Giorno del Debito Ecologico, l'Earth Overshoot Day (EOD), in italiano Giorno del Sovrasfruttamento Terrestre, indica il giorno nel quale l'umanità consuma interamente le risorse prodotte dal pianeta nell'intero anno.

Calcolo della data
Il Global Footprint Network, associazione no profit che sviluppa strumenti per promuovere la sostenibilità tra cui l’impronta ecologica e la biocapacità, calcola il numero di giorni dell’anno che la biocapacità terrestre riesce a provvedere all’impronta ecologica umana. I giorni rimanenti sono detti overshoot (andare oltre). Il calcolo del giorno definito come Earth Overshoot Day è dato dal rapporto tra la biocapacità del pianeta, ossia l’ammontare di tutte le risorse che la Terra è in grado di generare annualmente e l’impronta ecologica dell’umanità, ossia la richiesta totale di risorse per l’intero anno. Si trova così la frazione dell’anno per la quale le risorse generate riescono a provvedere al fabbisogno umano. Moltiplicando per il numero di giorni in un anno si ottiene la data dell’Earth Overshoot Day.

Eccetto pochi rari casi dal 1971 in poi, anno dell’inizio di istituzione di questo calcolo, la data fatidica è andata via via allontanandosi dal termine dell’anno, ovvero il giorno 31 dicembre. Nel 2020 l’Earth Overshoot Day è caduto il 22 agosto. Procedendo di questo passo intorno al 2050 l’umanità consumerà ben il doppio di quanto la Terra produca

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Come aiutare la natura a prosperare
La qualità della vita dell'umanità dipende dalla salute delle risorse biologiche del nostro pianeta, tra cui terreno fertile, acqua pulita e aria pulita, necessari per la prosperità dell'umanità.

Molte valutazioni economiche del nostro sistema di supporto vitale o capitale naturale come alcuni lo chiamano, concludono che la sua stima non vale un gran che. Fattorie, foreste, parchi, zone umide, laghi e oceani supportano la vita eppure molto poco del PIL globale torna a coloro che gestiscono e si prendono cura del pianeta. E senza il sistema di supporto vitale, nient’altro è possibile. Pertanto, la qualità della vita dell’umanità – persino la sopravvivenza – dipende dalla salute delle risorse biologiche del nostro pianeta.
Terreno fertile, acqua pulita e aria pulita sono necessari per fornire all’umanità il cibo e la salute fisica di cui abbiamo bisogno per prosperare. Ecosistemi naturali come oceani e foreste sono indispensabili per mantenere vivibile il nostro pianeta regolando, ad esempio, il clima e assorbendo le emissioni di carbonio. Aiutano anche a mantenere gli esseri umani psicologicamente e spiritualmente saldi.
Dato il massiccio uso delle risorse biologiche del pianeta, le nostre economie ora sono limitate dalla disponibilità della biocapacità della Terra. Per assicurarci di avere un pianeta sano che possa sostenerci ora e in futuro, è necessario ridurre l’esigenza umana di risorse e mantenere il sistema di supporto vitale del nostro pianeta.

La buona notizia è che esistono già soluzioni per migliorare la salute dei nostri ecosistemi e, di conseguenza, la capacità del pianeta di rigenerare le risorse biologiche. Questo viene fatto in tre modi:

Conservazione classica

Proteggere e preservare gli spazi selvaggi, in particolare i punti caldi della biodiversità. Edward O. Wilson suggerisce che ci vorrebbe metà della biocapacità del pianeta per garantire circa l’85% della biodiversità. Molte organizzazioni hanno sostenuto tali sforzi di conservazione, tra cui il WWF che ha lavorato al rafforzamento dei sistemi di parchi di Paesi e regioni e altre organizzazioni che hanno assicurato servitù di conservazione su proprietà private e pubbliche.

Landscape restoration (ripristino ambientale)

Molti ecosistemi sono stati abusati e devono essere ripristinati. Ad esempio, le foreste convertite per l’allevamento del bestiame nella provincia di Guanacaste in Costa Rica hanno portato al deterioramento del suolo. Attraverso la pratica di landscape restoration, parte di quella terra viene ora rimboschita. Sforzi analoghi sono stati fatti in tutto il mondo, dalla Cina all’Etiopia. La riforestazione delle aree tropicali ha il triplice vantaggio di aumentare la biodiversità, catturare l’anidride carbonica e agire come barriere contro le inondazioni durante gli uragani per le aree urbane costiere tropicali e subtropicali. Gli alberi sono stati il ​​fulcro dell’organizzazione giovanile Plant for the Planet che ha portato alla loro ambiziosa campagna One Trillion Trees.

Agricoltura rigenerativa e pesca sostenibile

Per continuare a nutrire l’umanità dobbiamo trovare soluzioni per coltivare la terra che mantengano la produttività del suolo, i livelli delle acque sotterranee, i cicli dell’acqua e la diversità genetica, evitando al contempo la contaminazione. L’agricoltura rigenerativa sta diventando un movimento internazionale e ci sono un numero crescente di esempi entusiasmanti. La pesca sostenibile è un altro aspetto. Supporta la salute generale degli oceani e aiuta a garantire che il mare continui a fornire risorse alle generazioni a venire (circa 3 miliardi di persone si affidano alla pesca come fonte primaria di proteine, soprattutto nei paesi a basso reddito). Un oceano sano ha anche bisogno di rallentare l’acidificazione controllando le emissioni di carbonio, poiché l’oceano attualmente assorbe il 30% delle nostre emissioni di carbonio.

Queste soluzioni sono in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals, SDG) SDG 14 e SDG 15 delle Nazioni Unite che invitano a conservare e utilizzare in modo sostenibile le risorse marine e a proteggere, ripristinare e promuovere l’uso sostenibile degli ecosistemi terrestri.

Come progettiamo e gestiamo le nostre città
La campagna globale per la sostenibilità sarà vinta o persa nelle città.
Si prevede che l'80% della popolazione mondiale vivrà nelle città entro il 2050. La pianificazione urbana e le strategie di sviluppo urbano sono fondamentali per bilanciare l'offerta di capitale naturale e la domanda della popolazione.

Si prevede che tra il 70% e l’80% della popolazione mondiale vivrà nelle aree urbane entro il 2050.
Di conseguenza, la pianificazione delle smart city e le strategie di sviluppo urbano sono strumentali per assicurarsi che ci sia abbastanza capitale naturale ed evitare un’eccessiva domanda umana che lo eroderebbe. Gli esempi includono edifici ad alta efficienza energetica, zonizzazione integrata, città compatte e opzioni efficaci per il trasporto pubblico.

Il programma SDG 11 delle Nazioni Unite riguardo città e comunità sostenibili prevede diversi obiettivi per il 2030, tra cui:

  • ridurre l’impatto ambientale negativo pro capite delle città;
  • fornire a tutti accesso a sistemi di trasporto sicuri, abbordabili, accessibili e sostenibili, in particolare ampliando il trasporto pubblico;
  • migliorare l’urbanizzazione sostenibile e la capacità di pianificazione e gestione degli insediamenti umani partecipativi, integrati e sostenibili in tutti i paesi.
Trasporti

In particolare, l’urbanistica può svolgere un ruolo importante nel plasmare il nostro bisogno di automobili. È importante perché la mobilità personale contribuisce per il 17% all’impronta di carbonio dell’umanità.

Come ci ``alimentiamo``
L'impronta di carbonio costituisce il 57% dell'impronta ecologica dell'umanità.
La decarbonizzazione dell'economia è la nostra migliore possibilità per affrontare il cambiamento climatico e migliorerebbe l'equilibrio tra la nostra impronta ecologica e le risorse naturali rinnovabili del pianeta.

Non solo la decarbonizzazione dell’economia è la nostra migliore possibilità per affrontare il cambiamento climatico, ma migliorerebbe notevolmente l’equilibrio tra la nostra impronta ecologica e le risorse rinnovabili del pianeta.
Oltre 150 anni fa l’impronta di carbonio dell’umanità era vicina allo zero. Stando all’impegno dell’Accordo di Parigi sul clima del 2015, l’impronta di carbonio dovrebbe essere nuovamente portata a zero prima del 2050.

L’Accordo di Parigi del 2015 sul clima si impegna a limitare l’aumento della temperatura globale al di sotto dei 2°C (o addirittura 1,5°C). Per raggiungere questo obiettivo è necessario limitare la concentrazione di gas serra nell’atmosfera.
La presenza dei gas serra è misurata in parti per milione o ppm (ppm = una molecola di gas serra per milione di molecole d’aria). I rapporti del Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici suggeriscono che la concentrazione di gas serra atmosferici a lungo termine, misurati in CO2 equivalente, dovrebbe essere ben al di sotto di 450 ppm per essere in linea con l’obiettivo di Parigi. Quest’anno l’atmosfera contiene in media oltre 413 ppm di CO2. Se si includono tutti gli altri gas serra, la concentrazione in CO2 equivalente ha raggiunto 500 ppm nel 2019, secondo la National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), l’agenzia per il clima del governo degli Stati Uniti. La NOAA riporta inoltre che l’attuale carbon footprint aggiunge da 2 a 3 ppm di CO2 all’anno nell’atmosfera.
Data l’elevata concentrazione già oggi e il continuo aumento, rispettare l’accordo di Parigi sul clima significa quindi eliminare gradualmente i combustibili fossili ben prima del 2050. Ciò è tecnicamente possibile e vantaggioso dal punto di vista finanziario. Diversi piani lo hanno dimostrato, inclusi quelli di Project Drawdown e WWF (entrambe ONG), di McKinsey (società di consulenza aziendale) e del Governo scozzese. Quest’ultimo potrebbe non essere nemmeno il più rigido.
Ridurre del 50% la componente di carbonio dell’impronta ecologica dell’umanità ci porterebbe dal consumo delle risorse di 1,6 Terre fino a 1,1 Terre. Ciò corrisponde a spostare la data di Earth Overshoot Day di 93 giorni, ovvero di circa tre mesi.

I benefici ambientali e finanziari potrebbero essere prodotti immediatamente, poiché esistono già tecnologie commerciali standard per gli edifici, i processi industriali e la produzione di elettricità. I ricercatori di Global Footprint Network e Schneider Electric hanno stimato che l’attuale potenziale di riduzione, mediante l’adeguamento delle installazioni esistenti, potrebbe spostare l’Overshoot Day di almeno 21 giorni, senza alcuna perdita di comfort umano o produttività economica.
Ciò è in linea con SDG 7 Energia pulita e accessibile, che prevede un aumento sostanziale della quota di energia rinnovabile nel mix energetico globale entro il 2030.

Come produciamo, distribuiamo e consumiamo il cibo
La metà della biocapacità della Terra viene utilizzata per nutrirci.
Il modo in cui soddisfiamo uno dei nostri bisogni più elementari, il cibo, è un modo potente per influenzare la sostenibilità. Acquistare cibo localmente ed evitare cibi altamente trasformati può ridurre l'impronta ecologica.

Due questioni principali quando si affrontano il fabbisogno alimentare, la malnutrizione e la fame (UN SDG 2) sono:

inefficienza delle risorse nella produzione alimentare

La produzione di calorie da animali è significativamente più dispendiosa in termini di risorse rispetto alle calorie delle piante. Ciò ha indotto il governo cinese a impegnarsi a ridurre il consumo di carne del 50% entro il 2030. Di conseguenza, l’impronta ecologica dell’umanità si ridurrebbe di 377 milioni di ettari globali e sposterebbe indietro di 5 giorni la data dell’Earth Overshoot Day (incluse le emissioni di metano). L’agricoltura attuale è anche ad alta intensità di combustibili fossili. Ad esempio, in Belgio sono necessarie 5 calorie di combustibili fossili per fornire una caloria di carne.

spreco alimentare

Circa un terzo del cibo prodotto nel mondo per il consumo umano – 1,3 miliardi di tonnellate ogni anno – viene perso o sprecato, con i paesi ad alto e basso reddito che dissipano all’incirca le stesse quantità di cibo, secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura.
Negli Stati Uniti si stima che il 40% del cibo vada sprecato. È l’equivalente dell’Impronta ecologica totale di Svezia e Colombia messe insieme, o la biocapacità totale della Bolivia.
Uno degli obiettivi dell’obiettivo 12 dello sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite per il consumo e la produzione sostenibili è dimezzare lo spreco alimentare globale pro capite a livello di vendita al dettaglio e di consumo e ridurre le perdite di cibo lungo le catene di produzione e fornitura, comprese le perdite post-raccolta, entro il 2030. Se tagliassimo lo spreco alimentare della metà in tutto il mondo, sposteremmo l’Overshoot Day di 13 giorni.

Sempre più paesi dipendono anche dal cibo proveniente dall’estero. Tale specializzazione globale nella produzione alimentare può portare a efficienze, ma può anche ridurre la resilienza dei sistemi alimentari, in particolare per i paesi che importano cibo e hanno bassi redditi. Questi paesi sono i più vulnerabili agli shock alimentari.

In collaborazione con Barilla Center for Food and Nutrition, la valutazione dell’Impronta ecologica di vari alimenti del Global Footprint Network mette in evidenza questo schema generale: più sano è il cibo, minore è il suo impatto ecologico. Una dieta vegetariana nutrizionalmente equilibrata vanta un’Impronta Ecologica 2,5 volte inferiore a quella di una composta principalmente da proteine ​​di origine animale. Pertanto, gli alimenti che dovrebbero costituire una parte maggiore della nostra dieta sono anche quelli con Impronte inferiori. La dieta mediterranea tradizionale si adatta perfettamente: molte verdure fresche, cereali, olio d’oliva e basse quantità di prodotti animali.

Poiché metà della biocapacità della Terra viene utilizzata per nutrirci, il cibo è una potente leva. Se preveniamo la perdita e lo spreco di cibo, preferiamo cibi a base vegetale e scegliamo cibi coltivati ​​con pratiche agroecologiche e rigenerative, potremmo spostare l’Earth Overshoot Day di 32 giorni.

Quanti siamo?
Impegnarsi per tutti coloro che vivono una vita sicura in un mondo di risorse limitate richiede di affrontare la crescita della popolazione. L'emancipazione delle donne è essenziale per la sostenibilità globale.

È utile discutere di popolazione?
Le Nazioni Unite prevedono che tra 7,3 e 15,6 miliardi di persone vivranno sulla Terra entro il 2100. Con l’aumento della popolazione aumenta anche la pressione sul pianeta. Traguardi significativi come l’emancipazione di donne e ragazze, sono ben note e promosse e i benefici sociali sono immediati e di grande valore. I benefici ecologici si manifestano più lentamente, ma l’impatto nel tempo è enorme.

Tuttavia, l’argomento popolazione è molto delicato, pieno di tabù, pregiudizi e una storia tragica e sordida. Il semplice atto di sollevare l’argomento può allontanare del tutto le persone dal dibattito sulla sostenibilità. Allo stesso tempo, evitare il dibattito sulla popolazione non è utile per affrontare uno dei fattori più significativi del crescente fabbisogno umano di risorse. Quindi, è utile discutere di popolazione? Qui puoi trovare diverse testimonianze e contributi sull’argomento https://www.overshootday.org/solutions/population/

Per essere sostenibile lo sviluppo deve rientrare anche nel “budget” delle risorse del nostro pianeta.

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