Microplastiche: origine, effetti e soluzioni

La plastica di per sé è forse una delle più grandi invenzioni. Il problema è il suo smaltimento, anzi, il suo cattivo smaltimento.

Che la plastica sia una delle più grandi invenzioni lo dimostrano le sue svariate applicazioni: siringhe, protesi, tessuti, pellicole cinematografiche, dischi musicali, ecc.
Il problema è il suo smaltimento, anzi, il suo cattivo smaltimento. Ogni anno riversiamo in mare 8 milioni di tonnellate di rifiuti plastici: boe, reti, sacchetti, bottiglie. Il 70% si deposita sui fondali, mentre il 30% rimane in superficie formando grandi isole. Una di queste si sta formando proprio nei nostri mari tra l’Elba e la Corsica.
Questi rifiuti sono l’effetto macroscopico del cattivo smaltimento della plastica, ma la cosa più pericolosa, proprio perché invisibile, sono gli effetti delle particelle microscopiche, le cosiddette microplastiche.

Dalla plastica alla microplastica

La plastica non è stata progettata per essere biodegradabile (leggi articolo), ma nasce con lo scopo di essere un materiale duraturo. Questa proprietà, unita alla sua economicità, l’ha reso un materiale di successo molto diffuso. Quasi tutti i prodotti di largo consumo sono in parte o nella loro totalità, sintetici.
Mobili, articoli tecnologici, componenti di automobili, vestiti, cosmetici nonché gran parte degli imballaggi finiscono il loro ciclo di vita nelle discariche.
Il suo uso quotidiano e l’abbandono in natura producono una lenta frantumazione più o meno microscopica che da origine, appunto, alle microplastiche. Cosa sono, quindi, le microplastiche? Particelle di piccole dimensioni, comprese tra il millimetro e il nanometro. Non potendo essere riassorbite in modo naturale dall’ambiente, tendono ad accumularsi.

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MICROPLASTICHE PRIMARIE (risultato diretto dell'uso umano di questi materiali)

Rilasciate direttamente nell’ambiente sotto forma di piccole particelle. Si stima che questa categoria di microplastiche rappresenti il 15-31% delle microplastiche presenti nell’oceano.
La fonte principale è il lavaggio di capi sintetici (35% delle microplastiche primarie); abrasione degli pneumatici durante la guida (28%); microplastiche aggiunte intenzionalmente nei prodotti per la cura del corpo (per esempio, le micro-particelle dello scrub facciale) 2%.

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MICROPLASTICHE SECONDARIE (frammentazione di rifiuti plastici più grandi)

Prodotte dalla degradazione degli oggetti di plastica più grandi, come buste di plastica, bottiglie o reti da pesca. Rappresentano circa il 68-81% delle microplastiche presenti nell’oceano.

Effetti delle microplastiche sulla catena alimentare

La plastica si deteriora (leggi articolo) come tutti i materiali, ma negli oceani il processo, già lungo di per sé, è ancora più lento.
Le microplastiche presenti in mare possono essere inghiottite dagli animali marini. Attraverso la catena alimentare, la plastica ingerita dai pesci può così arrivare direttamente nel nostro cibo.
Le microplastiche sono state trovate negli alimenti e nelle bevande, compresi birra, miele e acqua del rubinetto. Gli effetti sulla salute sono ancora ignoti, ma spesso la plastica contiene degli additivi, come agenti stabilizzatori o ignifughi, e altre possibili sostanze chimiche tossiche che possono essere dannosi se ingeriti.
Alcuni dati dimostrano come nel 15% del cibo ingerito da un individuo siano presenti microplastiche, lasciando all’acqua del rubinetto e a quella confezionata il primato per la maggior concentrazione di microplastiche. Al cibo ingerito volontariamente c’è da aggiungere anche le polveri di plastica provenienti da mobili e tessuti che inaliamo quotidianamente. Si stima che vengano ingeriti 5 grammi a settimana, un valore equivalente al peso di una carta di credito.
Non esistono ancora studi completi sulle conseguenze che queste microplastiche possano provocare una volta transitate nel nostro intestino. In prima analisi, sembra che a subire gli effetti peggiori sia il nostro sistema immunitario.

I dieci oggetti in plastica trovati più frequentemente in mare
  • 01.Bottiglie e tappi
  • 02.mozziconi di sigaretta
  • 03.cotton fioc (bastoncini cotonati)
  • 04.pacchetti di patatine, carta di caramelle
  • 05.assorbenti igienici
  • 06.buste e sacchetti
  • 07.posate, piatti e cannucce
  • 08.coperchi di bibite e tazze
  • 09.palloncini e loro bastoncini
  • 10.contenitori di cibo, inclusi quelli dei fast-food

Soluzioni alle microplastiche

Il modo più efficiente per affrontare il problema è quello di impedire che ulteriori quantità di plastica finiscano in mare. Gli oggetti di plastica monouso costituiscono il gruppo più numeroso di rifiuti trovati lungo le coste marine: prodotti come posate di plastica, bottiglie, mozziconi di sigaretta o cotton fioc costituiscono più della metà dei rifiuti marini totali.

Per far fronte a questo problema, a dicembre 2015 la Commissione europea ha adottato un piano d’azione per l’economia circolare, in cui individua la plastica come priorità chiave. Nel 2017 ha fissato l’obiettivo della riciclabilità di tutti gli imballaggi entro il 2030. Nel gennaio 2018 ha lanciato la strategia per ridurre l’inquinamento da plastica monouso vietando quei prodotti per cui sono disponibili alternative non di plastica (leggi articolo).

Dal 2024 i produttori dovranno farsi carico del costo della raccolta e pulizia per alcuni prodotti: tazze da caffè, contenitori per cibo da asporto pronto al consumo, filtri di sigarette, palloncini, reti da pesca, salviette umidificate. Oggi pagano solo il 35% dei costi di smaltimento e riciclo, il resto è a carico del consumatore. Entro il 2026 andranno sostituiti tappi e coperchi in plastica per le confezioni di bevande; entro il 2025 riciclare almeno il 77% delle bottiglie di plastica e il 90% al 2029.
Va detto che l’Italia ricicla il 47% degli imballaggi di plastica, contro il 30% della media europea. Proprio perché tutta la filiera è costruita attorno a prodotti realizzati con materia prima compostabile che, alla fine, ritorna in natura come fertilizzante o si trasforma in energia negli impianti di biogas.
Di recente, l’agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA), valutati alcuni dati scientifici, ha emanato una normativa restrittiva in merito alle microplastiche intenzionalmente aggiunte in qualsiasi tipologia di prodotti. Microgranuli, aventi come sottoprodotti microplastiche, sono infatti presenti in prodotti cosmetici ad azione esfoliante e detergente, in detersivi, vernici, prodotti industriali abrasivi e fertilizzanti.

La sostituzione dei materiali, però, da sola non risolve il problema. Occorre cambiare i comportamenti di cittadini e aziende. Oltre a una responsabile gestione dello smaltimento della plastica già esistente le soluzioni più efficaci ed efficienti dovrebbero mirare all’abbandono della plastica laddove esiste un’alternativa e allo sviluppo tecnologico che porti alla progettazione di materiali sempre più sostenibili ed eco-compatibili.

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